Cosa serve oggi alla birra artigianale italiana?

Nel 2016, sarà (forse) il caso di rimediare a questa assurdità. Fra le buone intenzioni per il nuovo anno ci mettiamo quindi l'aggiornamento delle nostre leggi (obsolete) sulla birra.
Per questo motivo, lo
scorso 16 dicembre si è tenuta al Ministero
dell'Agricoltura un'audizione tra i rappresentanti delle maggiori associazioni
birrarie nazionali (Unionbirrai, AssoBirra e CNA in prima linea) e
quelli dei vari partiti.
Ne è uscito un quadro abbastanza variegato, con problematiche più o meno urgenti, ma quello che ho potuto constatare è stato il sincero interesse da parte dei politici (e anche una discreta preparazione sull'argomento da parte di alcuni di loro). Ed ecco quali sono le maggiori richieste che i birrifici artigianali reclamano a gran voce:
DIMINUZIONE DELLE ACCISE
Ne è uscito un quadro abbastanza variegato, con problematiche più o meno urgenti, ma quello che ho potuto constatare è stato il sincero interesse da parte dei politici (e anche una discreta preparazione sull'argomento da parte di alcuni di loro). Ed ecco quali sono le maggiori richieste che i birrifici artigianali reclamano a gran voce:
DIMINUZIONE DELLE ACCISE
L'accisa è un'imposta “di
produzione” che grava solo su alcune tipologie di prodotti
(benzina, luce, gas, alcolici, tabacchi...). Si tratta di un tributo
“indiretto” perché il produttore - che è colui che fisicamente
paga - gira indirettamente l'imposta al consumatore, aumentando il
prezzo finale del prodotto. Rispetto al limitato costo di
produzione, l'accisa condiziona fortemente il prezzo finale di
vendita, aumentandolo di un'alta percentuale. Di fatto, quindi,
colui che finanzia l'imposta è il consumatore, ma i danni di
un'accisa alta si ripercuotono ovviamente anche sui produttori e
sull'intero comparto in generale.
Per quanto riguarda gli alcolici, gli
unici prodotti italiani soggetti al pagamento dell'accisa sono l'alcol
etilico (che comunque vanta una delle accise più basse d'Europa) e la birra. Il vino e le altre bevande
fermentate sono totalmente esenti dal pagamento di qualsivoglia
tassa di produzione.
Di fatto, la birra risulta essere l'unica bevanda fermentata - nonché l'unica bevanda da pasto - a pagare accise.
Di fatto, la birra risulta essere l'unica bevanda fermentata - nonché l'unica bevanda da pasto - a pagare accise.
Discriminazione? Direi di sì.
Qualcuno potrebbe sentirsi in diritto di difendere il vino, dicendo
che l'Italia è il paese vinicolo per (quantità ed) eccellenza ed è quindi giusto che sia fiscalmente privilegiato. Potrei
anche essere d'accordo, se ciò non determinasse indirettamente un
reiterato appesantimento fiscale nei confronti delle altre bevande concorrenti,
in particolare per la birra (che è il maggior competitor del vino
come bevanda da pasto a bassa gradazione alcolica). L'anomalia tutta
italiana è facilmente visibile. Persino la Francia, che
rappresenta il nostro più storico e stimato avversario, incassa delle
accise sulla produzione del vino e questo permette di conseguenza di
tenere più basse quelle sulla birra e sugli altri prodotti
alcolici.
Quello che ci si auspica è che anche in Italia si ottenga un minimo di equità.
Il punto più importante, però, non è
tanto l'eterna rivalità vino-birra né tanto meno il pagamento delle
accise in sé. Ciò che ha gettato nel panico i birrifici
artigianali è stato il repentino aumento dell'imposta: negli ultimi
2 anni l'accisa sulla birra è stata aumentata in maniera
indiscriminata, passando da 2,35 €/hl/°P (settembre 2013) a
3,04 €/hl/°P (1°gennaio 2015) ...>>>