Come si fa la Birra?

MATERIE PRIME

Prima di parlare di come si produce la birra, è bene conoscere quali sono gli ingredienti fondamentali per fare una birra e quali sono le caratteristiche più importanti di ognuno di essi.

- ORZO: per produrre la birra è fondamentale l'utilizzo di cereali; tra questi, il più utilizzato è l'orzo. L'orzo è una pianta erbacea caratterizzata dalla presenza di spighe. In base alla composizione delle spighe, gli orzi vengono divisi in due categorie principali: gli orzi distici e gli orzi polistici.
Gli orzi distici (detti anche "primaverili"), sono i più utilizzati in birrificazione perché di maggior qualità. La spiga dell'orzo distico è composta da 2 sole file di cariossidi, presenta chicchi più grandi, uniformi, regolari e un tegumento più sottile rispetto a tutti gli altri orzi (questo conferisce maggior friabilità). Queste caratteristiche permettono migliori risultati in maltazione. Gli orzi polistici (o "invernali"), invece, presentano una spiga composta da 4 o 6 file di cariossidi (orzo tetrastico ed esastico), ma sono qualitativamente inferiori. Ciò nonostante, vengono largamente impiegati.
Oltre ad essere di miglior qualità, l'orzo distico è anche più costoso perché, a parità di ettari coltivati, si ottiene una minore resa (meno chicchi). Un dato che torna a favore degli orzi distici è da ricercare nella loro composizione: questi presentano un elevato contenuto di sostanze amidacee e un basso tenore di proteine. Ciò significa che possiedono una maggior quantità di zuccheri utilizzabili in fermentazione e una bassa % di proteine che potrebbe causare instabilità e intorbidimento della birra, nonché sapori non voluti.
L'orzo è anche fonte di fibre e sali minerali (soprattutto fosforo e magnesio) ed è importante che abbia un elevato potenziale enzimatico, cioè deve possedere la giusta quantità di enzimi attivi necessari per scindere le proteine, i polisaccaridi e per catalizzare le attività metaboliche del lievito.

- ALTRI CEREALI: oltre all'orzo vengono spesso utilizzati anche altri cereali. I più comuni sono: frumento, riso, mais o granturco, avena, miglio, farro, segale, sorgo,...
Solitamente il frumento conferisce corposità e una nota leggermente acidula se usato in grandi quantità; riso e mais non sono adatti alla birrificazione perché presentano germogli troppo fragili, ma vengono ugualmente adoperati in grandi quantità a livello industriale perché costano di meno e rendono la birra più secca; l'avena è tipica delle birre scure e dona cremosità e una nota dolce e vellutata; segale e farro sono spiccatamente aromatici. La stragrande maggioranza di questi cereali aiutano ad ottenere una migliore ritenzione della schiuma e vengono anche spesso utilizzati sotto forma di fiocchi non maltati.

- LUPPOLO: pianta rampicante di cui vengono utilizzate le infiorescenze femminili (coni). Le bratteole e i semi dei coni sono ricchi di ghiandole resinose che secernono luppolina, alpha e beta-acidi, polifenoli, resine e oli essenziali. La luppolina è una sostanza ad azione batteriostatica, aumenta l'igiene, la conservabilità della birra e la stabilità della schiuma. Gli alpha acidi sono debolmente amari e poco solubili; per questo motivo subiscono un'isomerizzazione ad alte temperature che li vede trasformarsi in iso-alpha acidi (molto più solubili nel mosto e veri responsabili del sapore amaro nella birra finita). I polifenoli sono degli antiossidanti naturali presenti nei vegetali. Le resine e gli oli essenziali sono caratterizzati da elevata volatilità e apportano aromi e profumi alla birra; si dividono principalmente in terpeni (fra cui l'umulene), alcoli, esteri e acidi.

- LIEVITO: fungo unicellulare responsabile del processo di fermentazione. Alla fine di tale processo gli zuccheri vengono convertiti in alcol e anidride carbonica. Maggiore è la quantità di zuccheri presenti nel mosto, maggiore dev'essere la percentuale di inoculo (numero di cellule di lievito aggiunte). 
I due lieviti più utilizzati sono: Saccharomyces pastorianus e Saccharomyces cerevisiae. 
S. cereviesiae è una varietà top-fermenting, cioè responsabile di un'alta fermentazione. Le caratteristiche principali che la contraddistinguono sono: la formazione di uno strato superficiale che lavora nella parte alta del mosto, temperature ottimali comprese fra 16°C e 24°C, tempi di fermentazione minori (pochi giorni). Le birre preparate con questo lievito e questo tipo di fermentazione vengono chiamate "Ale".
S. pastorianus e S. uvarum, invece, sono ceppi di lieviti bottom-fermenting, cioè a bassa fermentazione. Viene definito così perché il lievito lavora meglio a temperature inferiori (6°C-14°C), lavora maggiormente della parte inferiore del mosto e la fermentazione richiede tempi più lunghi. Le birre che si preparano in questo modo sono definite "Lager". 
Oltre a queste due grandi tipologie, esistono anche altri tipi di lieviti che sono naturalmente presenti nell'aria e negli ambienti di lavorazione della birra. Si tratta di lieviti "selvatici" o "selvaggi" e danno origine a un terzo tipo di fermentazione: quella "spontanea". In genere si tratta di un processo non voluto, ma in alcuni casi specifici è fondamentale per la creazione di alcune birre particolari (es: Lambic).

- ACQUA: è l'ingrediente quantitativamente più presente (oltre il 90%) ed uno dei più caratterizzanti. Ogni stile di birra necessita di un'acqua con caratteristiche ben specifiche. In genere, le acque si distinguono per il loro contenuto salino. I sali presenti nell'acqua ne determinano il grado di "durezza". Una birra è definita "dolce" se povera di minerali, mentre "dura" se ne è ricca. Solitamente le birre chiare (come le Pilsner) necessitano di acque dolci, mentre le scure (come le Stout) prediligono acque più dure. Ovviamente questa è solo un'indicazione generale. Bisogna infatti fare delle precisazioni importanti. La durezza dell'acqua indica principalmente il contenuto di sali di Calcio (Ca) e Magnesio (Mg), più possibili metalli pesanti. Per quanto riguarda il calcio e il magnesio è fondamentale definire di quali composti stiamo parlando. Solitamente nell'acqua sono presenti svariate molecole, fra cui: solfati, cloruri, nitrati e idrogenocarbonati. Tutti questi composti si comportano in maniera differente in base a come vengono sollecitati. Sottoposti ad alte temperature - ammostamento, ma soprattutto ebollizione - gli idrogenocarbonati di calcio e magnesio precipitano a formare carbonato di calcio e di magnesio (CaCO3 e MgCO3, in parole povere si tratta di "calcare" che causa intorbidimento dell'acqua e incrostazioni). Questi composti vanno a costituire la Durezza "Temporanea", chiamata così perché dopo il processo di ebollizione scompare del tutto. La Durezza "Permanente" è invece costituita da cloruri, nitrati e solfati di Ca e Mg; questa persiste anche dopo l'ebollizione. La Durezza Totale, infine, è data dalla somma di quella temporanea più quella permanente e si esprime in gradi francesi (1°f = 10 mg/l di CaCO3), ed è quella che vedrete indicata sull'etichetta di una qualsiasi bottiglia d'acqua.
Un altro parametro da tenere in considerazione nella scelta dell'acqua è il Residuo Fisso a 180°C. Si tratta di un valore espresso in mg/l e indica la quantità di sostanza inorganica che rimane presente dopo aver sottoposto l'acqua ad ebollizione ed essiccamento. Per semplificare, potremmo dire che il residuo fisso è un dato che indica la "purezza" dell'acqua. 

durezza acque  residuo fisso 180°C acque
< 7°f molto dolci <50mg/l demineralizzate
7-14°f dolci 50-300mg/l oligominerali
14-22°f poco dure 300-1200mg/l medio minerali
22-32°f medio dure >1200mg/l ricche di minerali
32-54°f dure
>54°f molto dure

Per le birre scure sono più adatte acque alcaline ricche di bicarbonati (e povere di solfati e cloruri) che favoriscono la solubilizzazione dei polifenoli e dei componenti aromatici dei malti.
Per le birre chiare è meglio utilizzare acqua neutra, o sub-acida, povera di sali. In alcuni casi (come per le IPA) si può utilizzare un'acqua con moderata presenza di solfati di Ca, perché essi favoriscono la coagulazione e la chiarificazione del mosto e aiutano a ottenere una birra più secca e amara. Una presenza eccessiva di questi composti può, invece, recare danno e sviluppare sapori e aromi non voluti.
Nel caso in cui l'acqua che si ha a disposizione non possieda le caratteristiche desiderate, si può ricorrere alla rimozione di alcuni sali o alla correzione degli ioni disciolti (per esempio aggiungendo solfato di calcio, venduto col nome di Gypsum).

- ALTRO: oltre a queste materie prime, possono essere utilizzate decine di altri ingredienti. Solo per citarne alcuni: zucchero di canna, miele, erbe aromatiche, spezie, frutta, bacche, anice stellato, tabacco, sale, cacao, etc etc.


PRODUZIONE DELLA BIRRA

Di seguito le diverse fasi di produzione della birra:
- produzione del malto dai cereali;
- macinazione del malto;
- ammostamento (mashing);
- filtrazione (lautering);
- cottura/bollitura (boil);
- chiarificazione mosto (whirpool);
- refrigerazione e inoculo;
- fermentazione;
- filtrazione***;
- imbottigliamento e priming;
- pastorizzazione***;
- maturazione e invecchiamento.

COME OTTENERE IL MALTO DAI CEREALI
Solitamente questa operazione viene fatta dalle aziende agricole o da strutture apposite (malterie). Raramente i birrifici si occupano direttamente della "maltazione", a meno che possiedano un campo coltivato. Di solito i birrifici (soprattutto quelli artigianali) comprano il malto già pronto.
Per produrre il malto, si prendono le spighe dei cereali e si procede a pulitura e calibratura delle cariossidi. La pulitura elimina le impurità e i grani rotti, mentre la calibratura permette di classificarne la qualità. Dopo questo primo passaggio ci si occupa della macerazione dei chicchi (o bagnatura): questa operazione è fondamentale per garantire la buona germinazione delle cariossidi. La macerazione si protrae per qualche giorno permettendo di raggiungere livelli di umidità ottimali in base al tipo di chicco. A un livello alto di umidità relativa corrisponde un processo germinativo maggiore e quindi una maggiore quantità di zuccheri disponibili. In genere, se si vuole produrre un malto chiaro si procede a una macerazione moderata, mentre per ottenere quelli scuri è necessaria una bagnatura più intensa.
La germinazione comporta la formazione di una radichetta a livello esterno, mentre a livello intrinseco promuove la sintesi degli enzimi idrolitici (o idrolasi) e la rottura della parete cellulare della cariosside (costituita principalmente da beta-glucani). Una degradazione insufficiente della parete cellulare porterà a problemi in fase di filtrazione, oltre che a una bassa resa in estratto e torbidità del prodotto finale. Gli enzimi idrolitici, invece, avranno il compito di degradare l'amido e le proteine durante la fase di ammostamento. Le amilasi scindono l'amido in zuccheri più semplici (maltosio, destrine...), mentre proteasi e peptidasi degradano le proteine in peptidi e amminoacidi. Un'alta attività enzimatica è fondamentale perché porta alla formazione di quantità adeguate di zuccheri semplici, amminoacidi essenziali e peptidi: il glucosio è l'elemento da cui parte la fermentazione, gli amminoacidi servono per la crescita dei lieviti e i peptidi migliorano la ritenzione della schiuma e limitano i fenomeni di intorbidimento.
Senza soffermarsi sulle tecniche di germinazione, passiamo direttamente all'essiccazione/tostatura del cosiddetto "malto verde" che è stato ottenuto dalla germinazione. In questa fase l'umidità viene ridotta notevolmente e la germinazione è così interrotta, il malto viene cotto e ottiene un'aroma e una colorazione particolare. Dopo di ché viene eliminata la radichetta (degerminazione).
In base alle temperature di essiccazione i malti assumono caratteristiche molto differenti. I malti più chiari sono stati sottoposti a temperature più basse (torrefazione limitata), mentre quelli scuri hanno subito una tostatura maggiore (torrefazione intensa).

MACINAZIONE DEI MALTI
Il malto che arriva nei birrifici deve essere macinato. Questa operazione viene fatta con un mulino e ha come obiettivo quello di spezzare i chicchi e aumentare la superficie di attacco degli enzimi durante l'ammostamento. La macinazione non dev'essere eccessivamente fine per non incappare in successivi problemi di filtrazione.

AMMOSTAMENTO (MASHING)
Per ammostamento si intende la creazione di un impasto ottenuto dalla miscelazione di acqua e malto (mosto). Le attività enzimatiche coinvolte nel mashing sono influenzate dal tempo, dalla temperatura, dal pH e dalla concentrazione del mosto. Per quanto riguarda la concentrazione, è buona norma utilizzare circa 2-4 litri di acqua per kg di malto per produrre birre chiare, mentre 1-2 litri di acqua per kg di malto per le scure.
Il range di pH ottimale è tra 4,5 e 5,8 (e varia a seconda della fase di ammostamento).
Anche le temperature sono molto importanti. In base alla successione di temperature e alla modalità di riscaldamento del mosto, si possono definire tre tipi di ammostamento:

- infusione classica (mono temperatura) = si tratta del sistema tradizionale e più semplice; prevede il riscaldamento del mosto a una sola temperatura, generalmente a 65-68°C. A queste temperature, l'attività degli enzimi che dovrebbero degradare le proteine è praticamente nulla. Bisogna quindi usare malti di partenza già modificati (al giorno d'oggi, praticamente tutti i malti d'orzo sono già ben modificati). E' una tecnica molto usata nella tradizione anglosassone per la produzione di Ales.

- decozione = consiste nel portare a ebollizione solo una piccola quantità di mosto (circa 1/4 del totale) per poi essere aggiunta al resto della miscela permettendo di innalzare la temperatura totale fino al grado desiderato. Questa tecnica comporta effetti molto positivi sulla degradazione dei beta-glucani e sulla conseguente rottura della parete cellulare della cariosside. In origine la decozione era finalizzata ad ottenere la massima resa da malti di scarsa qualità. Oggi la maggior parte dei malti sul mercato sono ben modificati e di buona qualità, quindi la decozione è caduta pressoché in disuso. Benché faccia parte della tradizione birraia tedesca e boema, questa procedura di ammostamento è considerata obsoleta e molto dispendiosa. Viene utilizzata in qualche caso a livello industriale, per avere una maggior resa dai succedanei del malto d'orzo e un risparmio sulle materie prime.

- infusione programmata (multi step) = anche detta "step infusion", è largamente utilizzata in Belgio e prevede il riscaldamento a diverse temperature. Con questa tecnica, durante il mashing, si segue un regime termico in grado di determinare l'acidificazione del mosto, la peptonizzazione delle proteine e la saccarificazione degli zuccheri complessi:
  1. L'acid rest avviene a temperature comprese fra 30 e 45°C e determina un abbassamento del pH (fino al range ottimale sopra citato) da parte dei malti. Solitamente i malti scuri aiutano maggiormente ad acidificare il mosto rispetto quelli chiari. Nel caso in cui il mosto non riesca a raggiungere il pH ideale, si possono aggiungere alcune gocce di acido (in genere si utilizza acido lattico concentrato) per aiutare il pH a scendere.
  2. La peptonizzazione comporta la degradazione delle proteine in amminoacidi e peptidi e avviene a temperature fra i 45-55°C. A 45°C si formano prodotti a basso peso molecolare che andranno a costituire nutrimento per il lievito, mentre a temperature più vicine ai 55°C si formeranno maggiormente composti ad alto peso molecolare che aiuteranno a ottenere una buona schiuma e un buon gusto.
  3. La saccarificazione è un processo che avviene ad opera delle amilasi e ha come scopo principale quello di degradare l'amido (polisaccaride) in composti più semplici. I 2 principali prodotti che si ottengono sono: il maltosio e le destrine. Il maltosio è uno zucchero fermentescibile che verrà successivamente degradato dal lievito per formare alcol e CO2, mentre le destrine sono zuccheri non fermentescibili (ciò significa che il lievito non è in grado di trasformarle e rimarranno all'interno della birra a determinare dolcezza e corpo). La saccarificazione avviene a temperature comprese fra i 60°C e i 75°C. Le beta-amilasi lavorano meglio a 60-66°C e sono responsabili della maggiore produzione di maltosio, mentre le alpha-amilasi lavorano a una temperatura ottimale di 68-74°C e producono prevalentemente destrine. 
Il rapporto maltosio/destrine determina la gradazione e il corpo di una birra. Se il rapporto tende più verso il maltosio si otterrà una birra più alcolica e secca, mentre se tende verso le destrine si avrà una birra meno alcolica, più dolce e dal corpo più rotondo. Da questo rapporto si può anche introdurre il concetto di "attenuazione" della birra. L'attenuazione indica, in %, la quantità di zuccheri che è stata trasformata dal lievito in alcol e CO2. Maggiore è il contenuto di zuccheri fermentescibili nel mosto (maltosio), tanto più elevata potrà essere l'attenuazione della birra.
Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, è bene dire che durante il mashing la temperatura del mosto non deve mai superare i 75-77°C, oltre i quali le amilasi verrebbero totalmente inattivate e le attività enzimatiche interrotte. L'ammostamento, infatti, si considera concluso solo quando la temperatura viene portata a 78-80°C per il tempo necessario a interrompere tutte le attività degli enzimi (mash-out).

FILTRAZIONE (LAUTERING)
Tutte le sostanze che sono passate in soluzione vengono indicate come "estratto". Si tratta principalmente di: glucosio, fruttosio, saccarosio, maltosio, destrine, proteine, beta-glucani e altre sostanze organiche ed inorganiche.
Prima dell'ammostamento il malto è solubile solo in bassa percentuale, mentre dopo aver subito questo processo si dovrebbe ottenere una resa di estrazione pari a circa il 60-80% del peso totale del malto di partenza. La rimanente parte insolubile consiste di residui del malto che prendono il nome di "trebbie".
Per eliminare le trebbie dal resto della miscela si attua una filtrazione in due fasi:
- filtrazione e ricircolo del primo mosto (RECIRCULATION);
- lavaggio delle trebbie con acqua calda (a 78-80°C) per estrarre le sostanze zuccherine rimaste intrappolate (SPARGING).

Per il lautering si utilizza solitamente un tino di filtrazione dotato di falso fondo con una griglia che consenta il passaggio del mosto trattenendo le trebbie (lauter bin). Dopo aver riempito il tino si attende il deposito delle trebbie e poi si procede a lavare le trebbie con acqua calda per estrarre le sostanze rimaste all'interno (sparging). Il processo può essere velocizzato smuovendo meccanicamente le trebbie, ma dura ugualmente parecchi minuti. E' importante mantenere il corretto pH e la corretta temperatura di filtraggio per non estrarre sostanze indesiderate (es. tannini).

BOLLITURA (BOIL)
Dopo aver filtrato il mosto ed eliminato le trebbie si procede alla bollitura del mosto. Questa fase consente di inattivare al 100% gli enzimi della saccarificazione fissando il rapporto maltosio/destrine, sterilizzare il mosto eliminando tutte le impurità, concentrare il mosto tramite evaporazione, denaturare e far precipitare le sostanze proteiche presenti, aumentare la colorazione del mosto. L'ebollizione va mantenuta per 30-90 minuti (in base al tipo di birra che si vuole produrre). Nella maggioranza dei casi dura circa 60 minuti e durante questa fase si effettua il luppolamento.
I luppoli che devono conferire l'amaro vengono aggiunti subito a inizio bollitura, perché gli alpha-acidi hanno bisogno di tempo per subire l'isomerizzazione, trasformarsi in iso-alpha-acidi e rilasciare l'amaro. La reazione di isomerizzazione è favorita dall'alta temperatura, dal pH alcalino e dalla presenza di ioni Ca e Mg. Maggiore è la quantità di alpha-acidi presenti nel luppolo, maggiore sarà l'amaro estratto. Storicamente, la tendenza era di produrre birre con medio/elevata quantità di luppolo per sfruttare le sua proprietà batteriostatiche e conservanti. Con l'avvento di tecniche e tecnologie di sanificazione e produzione sempre più moderne, oggi l'attività antisettica del luppolo non è più fondamentale. I luppoli che devono regalare aromi e profumi devono essere aggiunti negli ultimi minuti della bollitura. Questo succede perché gli oli essenziali che conferiscono i profumi sono estremamente volatili e se venissero aggiunti a inizio bollitura verrebbero degradati completamente.

WHIRLPOOL
Al termine dell'ebollizione il mosto viene trasferito in un chiarificatore chiamato Whirlpool (in italiano "mulinello"). Il mosto viene fatto scorrere in circolare lungo le pareti; si crea così un mulinello che spinge verso l'interno i residui proteici e quelli dei luppoli. La velocità ideale sarebbe di 3,5 m/s. Lo scopo di questa operazione è quello di creare un deposito compatto al centro del whirlpool (chiamata in gergo "torta"), mentre il resto del mosto diventa più limpido.

RAFFREDDAMENTO E INOCULO
Al termine della chiarificazione, il mosto viene raffreddato il più velocemente possibile mediante l'uso di uno scambiatore a piastre e poi spostato nel fermentatore. Questo passaggio è molto importante: il raffreddamento dev'essere effettuato nel minor tempo possibile per impedire contaminazioni di vario genere e la degradazione/ossidazione di composti volatili, resine e olii.
Solo quando il mosto raggiunge la temperatura ambiente (20-30°C) è possibile spostarlo nel fermentatore e procedere all'insufflazione dell'ossigeno. Questo elemento è fondamentale per permettere la crescita delle cellule del lievito e per la sintesi degli acidi grassi costituenti la loro membrana cellulare. La quantità di aria insufflata influenza quindi la buona fermentazione, l'attenuazione degli zuccheri e la riduzione dei gradi Plato, ma anche il contenuto in esteri e in composti solforati. A termine dell'insufflazione dell'aria si aggiunge il lievito.
I lieviti sono organismi anaerobi facoltativi; possono quindi crescere sia in presenza di ossigeno (ambiente aerobico) sia in sua assenza (anaerobiosi). Un caso particolare è dato dal S. cerevisiae che, a differenza di altri lieviti, non svolge attività respiratoria se l'ambiente possiede concentrazioni zuccherine troppo elevate (effetto Crabtree: glucosio > 9g/L) e partirebbe subito con la fermentazione alcolica. Nell'ambito birrario è importante che ciò non accada.
La quantità di lievito da inoculare è da definire in base al contenuto zuccherino del mosto. Un mosto caratterizzato da un grado Plato elevato avrà bisogno di una quantità di lievito iniziale maggiore rispetto a un mosto con °P basso. Se l'inoculo non dovesse essere quantitativamente sufficiente a trasformare tutti gli zuccheri fermentescibili in alcol e CO2, la fermentazione si fermerà prima del dovuto o, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe anche non partire per niente.

FERMENTAZIONE
La fermentazione è un processo che fa parte del metabolismo dei lieviti e avviene a partire da una molecola di Piruvato.
Metabolismo lievito:
- Crescita e moltiplicazione del lievito (in presenza di O2);
- Glicolisi anaerobica non stretta (da 1 molecola di glucosio si formano 2 molecole di piruvato);
- Fermentazione alcolica: formazione di alcol etilico e anidride carbonica.
La fermentazione ha una durata variabile in base al tipo di lievito utilizzato, alla temperatura di fermentazione e alla quantità di zuccheri presenti nel mosto.
In genere, la fermentazione è composta da una prima parte detta fermentazione primaria della durata media di 7 giorni. Durante la f. primaria c'è una fase detta "fermentazione tumultuosa" in cui avviene una prima forte produzione di CO2. La durata della fermentazione tumultuosa solitamente è di 2-3 giorni. Al termine della f. primaria può essere utile effettuare una pausa diacetilica (dyacetil rest) che può durare anche solo 24/48h, o più. Il dyacetil rest si effettua solo su birre prodotte a bassa fermentazione, alzando la temperatura della birra in modo che il lievito riesca a riassorbire il diacetile, abbassandone così la concentrazione al di sotto della soglia di percezione. E' bene dire che alcuni stili di birra (ales inglesi, pils...) tollerano la presenza di questo composto, che regala aroma e sapore che ricordano il burro. In quasi tutti gli altri stili è da considerarsi un difetto di produzione. Successivamente, si reimposta la temperatura di fermentazione adeguata e si conclude il processo dopo altri 7-10 giorni (fermentazione secondaria).

FILTRAZIONE***
Processo di separazione mediante il quale vengono rimosse le cellule di lievito e altri composti intorbidanti presenti nella birra matura, come per esempio: beta-glucani, proteine e tannini non precipitati, sali di calcio e magnesio, residui di luppoli. L'obiettivo della filtrazione è di stabilizzare la birra per tutta la durata della sua shelf-life, garantirne la limpidezza e limitarne gli off-flavours.

IMBOTTIGLIAMENTO E PRIMING
Quando la birra è fermentata (e, nel caso, anche filtrata) può essere imbottigliata. Nel mondo artigianale molto spesso si ricorre a una rifermentazione in bottiglia. Per permettere che ciò accada si effettua il "priming", cioè viene aggiunta una piccola percentuale di materiale fermentescibile (dal comune zucchero, al miele, all'estratto di malto, al mosto tenuto da parte, ecc ecc) per riattivare le cellule di lievito residue presenti nella birra imbottigliata. Oltre allo zucchero, si può anche aggiungere del lievito fresco. Il priming garantisce la formazione di una buona schiuma e delle tipiche "bollicine" causate dalla sovrasaturazione di CO2 (carbonazione).

PASTORIZZAZIONE***
Solo con la filtrazione la birra non è stabile dal punto di vista microbiologico. La stabilizzazione microbiologica viene ottenuta ricorrendo a trattamenti termici o a ulteriori microfiltrazioni.
Il trattamento termico per eccellenza in grado di stabilizzare la birra e distruggere possibili agenti contaminanti presenti al suo interno è la pastorizzazione.
Questo processo può essere svolto sia sul prodotto già imbottigliato sia sulla birra ancora sfusa.
Nel primo caso si sottopone la bottiglia a temperature di circa 60°C per 10-20 minuti. Nel secondo caso si fa passare la birra in scambiatori a piastre alla temperatura di circa 70°C per 1-2 secondi.

MATURAZIONE / INVECCHIAMENTO

Nel mondo artigianale, dopo aver effettuato il priming, le bottiglie di birra vengono poste in una camera di maturazione al buio e a temperature ideali al tipo di lievito utilizzato. Dopo un periodo di circa 2 settimane vengono spostate in cella frigorifera ed effettuata una maturazione a freddo come processo di stabilizzazione naturale. Questa fase può richiedere dai 15 ai 90 giorni e serve per degradare lentamente gli zuccheri residui, completare la sovrasaturazione della CO2, permettere la formazione del deposito di lievito sul fondo, affinare aromi e sapori, ottenere una birra più limpida e una buona schiuma.
Alcune birre, di solito quelle a gradazione alcolica più alta, hanno bisogno di un ulteriore periodo di affinamento grazie al quale è possibile godere al massimo delle caratteristiche organolettiche del prodotto. Alcuni esemplari possono maturare anche per diversi anni (es: Gueuze, Barleywine, IRS, birre prodotte in legno...).


*** MICROFILTRAZIONI E PASTORIZZAZIONE SONO PROCESSI CHE VENGONO UTILIZZATI SOLO A LIVELLO INDUSTRIALE.
Nel mondo della birra artigianale vengono fortemente evitati per garantire un prodotto "vivo" e di alta qualità. E' vero che le microfiltrazioni e la pastorizzazione sono in grado di garantire la migliore stabilizzazione chimico-fisica e microbiologica possibile, ma comportano anche l'eliminazione e/o la morte del lievito, una "standardizzazione" dei prodotti immessi sul mercato, l'appiattimento dei sapori e una forte degradazione dei composti aromatici. Le birre artigianali sono - nella maggior parte dei casi - molto più "delicate" delle controparti industriali e hanno una shelf-life ridotta, ma possono offrire un'esperienza gustativa migliore, garantiscono caratteristiche organolettiche di maggior pregio e una varietà di stili pressoché infiniti. Per di più, le materie prime utilizzate sono spesso di miglior qualità e non vengono adoperati additivi chimici alimentari.

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